Nel precedente articolo abbiamo spiegato cos’è la responsabilità da 231, precisando che la stessa deriva dalla contemporanea presenza delle seguenti situazioni:
La responsabilità dell’ente sorge dunque nei limiti previsti dalla legge. Il primo e fondamentale limite consiste nel numero chiuso dei reati per i quali l’ente può essere chiamato a rispondere. Ciò significa che l’ente non può essere sanzionato per qualsiasi reato commesso nell’ambito dello svolgimento delle sue attività, bensì soltanto per i reati selezionati dal legislatore ed espressamente indicati dalla legge. Il Decreto, nella sua versione originaria e nelle successive integrazioni, nonché le leggi che espressamente richiamano la disciplina del Decreto, indica agli artt. 24 e ss. i reati (c.d. reati presupposto) che possono far sorgere la responsabilità dell’ente.
Il limite alla applicabilità del Decreto ai soli reati presupposto è logico e comprensibile: non avrebbe senso punire l’ente per la commissione di reati che non hanno alcun legame con la sua attività e che derivano unicamente dalle scelte o dagli interessi della persona fisica che li commette. Si tratta di categorie di reati molto diverse tra loro. Alcuni reati sono tipici ed esclusivi dell’attività di impresa; altri, invece, normalmente esulano dall’attività di impresa vera e propria, e attengono alle attività tipiche delle organizzazioni criminali.
In questo articolo ci limiteremo a tracciare i reati che rappresentano per la maggior parte delle aziende le aree più sensibili al rischio di reato, rinviando ai prossimi articoli l’analisi delle fattispecie a minore rischio.
La fattispecie contiene i reati compiuti nei confronti di pubblici ufficiali, con l’obiettivo di portare vantaggio all’ente. Fra i reati verso la pubblica amministrazione vi sono:
I reati societari comprendono comportamenti di apicali/subordinati rivolti a rappresentare la società in modo non corretto, al fine di ottenerne vantaggio (es. nei rapporti con le banche/istituzioni/soggetti esterni all’azienda). Fra questi i principali sono i seguenti:
Questa fattispecie è stata inserita nel 2007, il nuovo art. 25 septies prevede l’applicazione di sanzioni agli Enti per condotte integranti i reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime commesse con violazione alle norme antinfortunistiche e sulle tutela dell’igiene e della salute del lavoro.
La lesione colposa grave si verifica qualora dal fatto derivi una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa ovvero una malattia o un’incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni lavorative per un periodo di tempo superiore a 40 gg.
Si definisce lesione gravissima se del fatto deriva una malattia certamente o probabilmente insanabile oppure la perdita di un senso oppure la perdita di un arto, una mutilazione che renda l’arto inservibile ovvero la perdita dell’uso di un organo o della capacità di procreare ovvero una permanente e grave difficoltà di favella.
Il presupposto sul quale può essere commesso il reato, è la violazione alle norme antinfortunistiche e della tutela dell’igiene e della salute nei luoghi di lavoro che, di contro se rispettate, tendono a scongiurarlo.
Nel 2011 si è estesa la responsabilità amministrativa degli enti anche nel caso di commissione dei reati cosiddetti ambientali, ferma restando la responsabilità penale della persona fisica che abbia materialmente commesso il reato. Queste “novità” sono destinate ad avere un impatto rilevante per quelle imprese che svolgono attività che possano, anche indirettamente ed a titolo colposo, provocare danni o effetti negativi all’ambiente. La legge infatti sanziona sia condotte dolose che colpose.
Nella fattispecie, i reati ambientali possono essere ricompresi nelle seguenti norme:
Il nostro obiettivo in fase di consulenza per lo sviluppo del MOG 231 sarà quello di mappare queste principali aree di rischio con check up specifici e dedicati alle attività sensibili al fine di effettuare la MAPPATURA DEL RISCHIO.