Si sono appena spenti i riflettori sull’ultimo G20 e COP26, lasciandoci con obbiettivi ambientali che, data la palese criticità della situazione, possiamo considerare quasi utopistici.
La tutela dell’ambiente (inteso come interazione di tutte le specie viventi, il clima, il tempo e le risorse naturali che influenzano la specie umana) è un bene primario globale, ed è ormai palese a tutti che ci troviamo, se non sull’orlo del baratro, su una discesa sempre più ripida.
Tutti vogliono fare qualcosa, tutti gridano che bisogna fare qualcosa, ma tendiamo sempre a pensare che tocca ai Grandi mettere in campo le soluzioni migliori.
Vero, certe scelte devono necessariamente essere prese e messe in atto da chi guida gli Stati, traducendo poi gli obbiettivi in regolamenti/ direttive/ leggi che ogni singolo Paese dovrà poi applicare. In Italia la normativa di riferimento, compresi i successivi correttivi / integrazioni / modificazioni, è il Decreto Legislativo n.152 del 03/04/2006.
Si spazia dalle valutazioni e autorizzazioni in campo ambientale, alla difesa di suolo e acque dall’inquinamento, le risorse idriche, la gestione dei rifiuti, la tutela dell’aria, la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente.
E’ un disposto legislativo “vivo”, in costante aggiornamento recependo tutte le direttive e regolamenti internazionali e comunitari UE in costante evoluzione con le tecnologie e le necessità di tutelare il patrimonio ambientale. Tutte le attività produttive, dal “semplice” negozio al grande sito industriale strategico, devono sottostare a quanto prescritto nel sunnominato decreto.
Tutelare l’ambiente, nella sua complessità, può comunque tradursi in pochi e semplici capisaldi:
Sembra scontato, ma è necessario tutelare al meglio quanto ci è rimasto…che non è poco, ma neppure illimitato. Desertificazioni, depauperamento idrico, peggioramento della qualità dell’aria, cambiamenti climatici “imprevedibili” riducono lo “spazio vitale accettabile” planetario, con le evidenti conseguenze che quotidianamente vengono riportate dai mass media.
Non sono infinite. O meglio non sono infinite le risorse disponibili con le tecnologie attuali. Fintanto che non verranno trovate alternative (e ci sono, ma devono ancora trovare la loro strada consolidata), dobbiamo tenere da conto il più possibile quanto ci è rimasto a disposizione.
Dal piccolo (la gestione quotidiana di casa) al grande (le attività produttive), tutti devono fare la loro parte per ridurre quanto può danneggiare (anche a lungo termine) non solo l’ambiente, ma anche la salute delle persone (che con l’ambiente è fortemente connessa).
Le sanzioni per chi non rispetta la normativa di tutela ambientale sono pesanti, visto la crucialità dell’argomento (ed è prevedibile che con il tempo tenderanno ad inasprirsi): sono reati di natura penale perché possono causare gravi danni e rischi all’ambiente stesso e alla salute umana.
Danni spesso irreparabili o non arginabili in tempi “umani”, con costi elevatissimi (basti pensare ai danni da inquinamento nelle falde acquifere, nei terreni contaminati e inutilizzabili per decenni, ecc…).
Le sanzioni penali devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive, sia che si tratti di punire atteggiamenti intenzionali sia meramente negligenti.